

Pugnale CCNN da truppa appartenuto al Maggiore Ferruccio Sorlini
"Brixia Fidelis" , ovvero Brescia la Fedele .
Pugnale da truppa CCNN mod.1935 , con inciso al tallone il Leoncello e la scritta "Brixia Fidelis" , esistono alcuni pugnali con la scritta ma senza il leone rampante , questo perche il pugnale in oggetto ,l unico con il Leoncello , e' appartenuto al Comandante Ferruccio Sorlini .
Il Comandante Sorlini Ferruccio gia Maggiore della 2a Brigata Nera di Brescia creo un gruppo autonomo di Polizia Ausiliaria denominata "Banda Sorlini".
La storia del pugnale e' stupefacente , nasce dall arresto e dal disarmo da parte dei carabinieri della mascotte della Brigata Nera , un ragazzino di 12/13 anni che trovato in citta armato di tutto punto venne fermato dai Carbinieri e riaccompagnato al Comandnate Sorlini ; il Comandante Sorlini dopo una prima violenta ramanzina regalo il suo pugnale alla mascotte. Questo pugnale e' descritto e fotografato a pag 581 del libro "Del Pugnale il Fiero Lampo" di Cesare Calandrei ed e' riconoscibile da alcune macchie di ruggine sul fodero e dalla guardia piegata in modo particolare.
SORLINI Ferruccio
(Brescia, 25 aprile 1903 - 28 luglio 1945). Di Achille Angelo (v.) e di Anna Maria Zanetti. Crebbe in un clima difficile. A dieci anni il padre lo armò di una rivoltella Flobert che egli usò in una lite con un compagno di scuola. Con il fratello Mario si distinse presto come attivo gregario della squadra d'azione 'La Disperata'. Il suo nome, infatti, compare come uno dei più decisi nell'azione contro la Camera del lavoro di Ghedi del 13 luglio 1921 e il giorno dopo nell'assalto a quella di Brescia. Nella notte del 10 dicembre 1921 venne coinvolto in uno scontro con avversari a Porta Cremona e riuscì a sottrarsi alla cattura. In seguito combattè in Spagna nella formazione Carroccio e diventò poi funzionario dell'AGIP. Dopo l'8 settembre fu tra i primi a presentarsi agli occupanti tedeschi ed a promuovere la ricostituzione del Partito Fascista. Dopo aver fatto parte con Bastianon e Beccherini di un triunvirato, il 12 settembre assumeva la reggenza della Federazione fascista repubblicana e il giorno appresso, dal comandante tedesco della città, Bohnen, ricevette l'incarico della concentrazione provvisoria degli ex membri del partito. Fu presente a tutte le riunioni e decisioni. Lo scopo di Sorlini era soprattutto quello di ottenere armi per i fascisti dai tedeschi. Riuscì infatti in pochi giorni a formare un primo nucleo di polizia che scatenò il terrore in tutto il Bresciano, causando apprensioni e resistenze fra i più responsabili degli stessi fascisti. Destituito l'11 novembre 1943 dall'incarico e sostituito dal maggiore Fulvio Balisti, si mise al servizio dell'Ufficio Politico (UPI) della Questura e divenne vicecomandante della Brigata Nera Tognù. Il 2 luglio 1944, per rappresaglia trascinò a Salò cento uomini di Vestone compreso il clero del luogo. Nel Ferragosto 1944 fu presente alla sanguinosa rappresaglia di Bovegno. Poi si segnalò a Collio a caccia dei partigiani. Nel dicembre 1944 venne arrestato con Persavalli e Paterlini dalla Guardia Nazionale Repubblicana per ordine di Alfredo Beccherini, sembra per dare un segno di distensione all'opinione pubblica e al movimento partigiano; venne poi liberato dalle SS tedesche che lo assunsero al proprio servizio. Unitosi alla compagnia Cavagni, ricostituì un suo gruppo d'azione segnalandosi in decise azioni antipartigiane. Il 25 aprile 1945 riuscì a raggiungere Milano nel tentativo di espatriare. Arrestato il 27 giugno 1945 in un cinematografo di Parma, dopo essere stato tallonato e riconosciuto da un bresciano di Gottolengo, tradotto a Brescia in un luogo segreto, tentò il giorno dopo di suicidarsi tagliandosi le vene di un braccio con un lametta. Salvato dagli agenti di custodia, dedicò tutto il suo tempo a stendere un memoriale, tentando poi una seconda volta il suicidio. Venne sottoposto a processo il 27 luglio '45 con la partecipazione di una traboccante folla. Gli vennero particolarmente attribuiti: l'uccisione del dirigente comunista Armando Lottieri, del maresciallo dei carabinieri Guaschino, di Francesco Scaletti, la partecipazione alla strage di Bovegno, la fucilazione di due partigiani a Polaveno, di altri due a Ome, di aver fatto deportare in Germania il rag. Marone, di aver consegnato ai tedeschi il comunista Cinelli della Volta Bresciana e, inoltre, di molti altri reati, sequestri di persona, vessazioni, ecc. L'imputato si difese negando tutto o quasi e specialmente la presenza a Bovegno durante l'eccidio, riversando la responsabilità su altri. Nel pomeriggio del giorno seguente mentre venivano escussi gli ultimi testi, un carabiniere presente, ex partigiano, imbracciato il mitra, con un colpo e poi con una raffica lo uccise. Nel febbraio 1947 furono rinviati a giudizio i componenti di quella che era chiamata la "banda Sorlini". Il processo si tenne a Bologna nel dicembre 1948 e finì con severe condanne.
Il 25 aprile 1945 riuscì a raggiungere Milano nel tentativo di espatriare. Arrestato il 27 giugno 1945 in un cinematografo di Parma, dopo essere stato tallonato e riconosciuto da un bresciano di Gottolengo, tradotto a Brescia in un luogo segreto, tentò il giorno dopo di suicidarsi tagliandosi le vene di un braccio con un lametta. Salvato dagli agenti di custodia, dedicò tutto il suo tempo a stendere un memoriale, tentando poi una seconda volta il suicidio. Venne sottoposto a processo il 27 luglio '45 con la partecipazione di una traboccante folla. Gli vennero particolarmente attribuiti: l'uccisione del dirigente comunista Armando Lottieri, del maresciallo dei carabinieri Guaschino, di Francesco Scaletti, la partecipazione alla strage di Bovegno, la fucilazione di due partigiani a Polaveno, di altri due a Ome, di aver fatto deportare in Germania il rag. Marone, di aver consegnato ai tedeschi il comunista Cinelli della Volta Bresciana e, inoltre, di molti altri reati, sequestri di persona, vessazioni, ecc. L'imputato si difese negando tutto o quasi e specialmente la presenza a Bovegno durante l'eccidio, riversando la responsabilità su altri. Nel pomeriggio del giorno seguente mentre venivano escussi gli ultimi testi, un carabiniere presente, ex partigiano, imbracciato il mitra, con un colpo e poi con una raffica lo uccise. Nel febbraio 1947 furono rinviati a giudizio i componenti di quella che era chiamata la "banda Sorlini". Il processo si tenne a Bologna nel dicembre 1948 e finì con severe condanne.